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LA MISSIONE: UN MONDO PER LE VOCAZIONI

Di Stefano Casamassima

(Seminarista IV Anno).


Vivere la gioia dell’incontro con Cristo negli altri popoli.



L’esperienza vissuta con Padre Giorgio Padovan ci ha offerto degli spunti importanti per la riflessione sul mese missionario straordinario appena trascorso. Padre Giorgio è un sacerdote missionario comboniano che ha vissuto la sua missione in Brasile per 25 anni e in Italia per 15 anni come “missio ad gentes”. Il suo intervento ci ha permesso di ripensare la dimensione missionaria, aprendo sempre più gli orizzonti verso quei luoghi attraversati da maggiori difficoltà. Padre Giorgio ci ha parlato di come si prodighi per l’animazione missionaria. Il Sacramento del Battesimo ci invita a vivere la straordinarietà nella quotidianità . Ecco il significato profondo del mese missionario straordinario voluto da Papa Francesco. Il Santo Padre, infatti, richiamando la Maximum Illud di Benedetto XV ha voluto rimarcare l’importanza per il cristiano di questo movimento che lo deve caratterizzare innanzitutto come uscita da se stesso. L’essere cristiani comporta questa progressiva uscita da sé per vivere la solidarietà con quanti sono nel bisogno. La missione parte proprio da questo presupposto: si porta il Vangelo all’altro a partire dalle necessità esistenti in quel determinato luogo. Questo deve sempre spronarci a non vivere comodamente la nostra fede perché la missione è qualcosa di urgente per il cristiano. A tal riguardo, Padre Giorgio ha voluto porre l’accento su alcune tematiche fondamentali come l’ottobre missionario straordinario e il Sinodo dell’Amazzonia. Sono due eventi che possiamo comprendere alla luce del testo evangelico della donna cananea (Mt 15,31-28). Il brano è una pericope prevalentemente missionaria.

Nella mentalità delle prime comunità, i samaritani o gli stranieri non potevano essere considerati dei cristiani poiché di origine non giudaica. Ma la donna cananea fa emergere tutta la sua fede nei confronti di chi voleva escluderla dai destinatari della salvezza. Questa donna “costringe” Gesù a mettere i9n gioco la portata missionaria ed universale del suo Vangelo: l’annuncio della salvezza non può non raggiungere tutti i popoli.

Questo è quello che oggi ci viene richiesto: in un mondo globalizzato abbiamo bisogno di aprire sempre di più i nostri orizzonti verso la realtà mondiale.

In questa apertura si colloca il Sinodo dell’Amazzonia. Il Sinodo ci mette in gioco perché si tratta di un’occasione preziosa per essere chiesa che sa rinnovarsi per vivere la verità del Vangelo nella realtà culturale e storica del nostro tempo, abbracciando la vita di popoli anche molto lontani da noi, nell’impegno di rimanere sempre fedeli insieme al mandato missionario di Gesù. È un’urgenza che scaturisce dall’insegnamento che Papa Francesco ci ha rivolto nell’Evangelii gaudium. Egli ha esortato i fedeli ad allargare i propri orizzonti verso quei popoli che necessitano di un annuncio missionario. Ecco l’importanza di una Chiesa che sappia essere al tempo stesso sia povera ma anche solidale nei confronti di quei continenti lontani.

Padre Giorgio ci ha sollecitati ad ancorare sempre la nostra vocazione alla dimensione dell’esodo. Molte volte la dimensione missionaria della vocazione non è stata ben valorizzata; per questo - come afferma Monsignor Beschi, vescovo di Bergamo - “oggi si vive una contrazione della missione” e la Chiesa stessa, al contrario, è chiamata a riscoprire il suo essere missione! Tutto questo nasce dal fatto che spesso non si avverte l’urgenza di comunicare all’altro la bellezza dell’incontro con Cristo. Può capitare a volte che quanti si accostano ad una più viva esperienza missionaria pensano di dover cambiare il mondo ma il Signore ci fa comprendere come lo Spirito Santo è già operante nei diversi continenti e aspetta noi per condividere e far crescere quella stessa fede e donare salvezza. Questa è la natura del vangelo che ci permette di arrivare alla conoscenza di Cristo. Compiuta quest’opera scopriamo che i primi ad essere evangelizzati siamo proprio noi che comunichiamo il Vangelo. A testimonianza di questo, Padre Giorgio ci ha raccontato il suo radicale cambiamento dopo aver vissuto le due missioni. Egli ha maturato una diversa consapevolezza del suo essere cristiano e sacerdote!

Lo spirito missionario deve sempre contraddistinguerci, seguendo la sollecitazione che la cananea rivolge verso Gesù e verso la chiesa primitiva: i poveri – a qualunque popolo appartengano – sono un locus teologicus irrinunciabile per una Chiesa-in-uscita (Evangelii gaudium).

Non si è preti solo della chiesa locale ma della Chiesa intera. A tal riguardo, Padre Giorgio ha incentivato a vivere questa verità attraverso gli “erasmus missionari” per i seminaristi. In questo modo per ognuno si aprirebbe un mondo nuovo da poter scoprire ed evangelizzare. Sono tipologie di esperienze che hanno lasciato dei segni indelebili in tanti figure di missionari. Padre Giorgio ci ha proposto la figura di Padre Ezechiele Ramin, un sacerdote missionario comboniano ucciso a 32 anni in Amazzonia, tra gli Indios, per difendere i loro diritti. Il suo sangue ha fecondato quella terra con nuove vocazioni missionarie tra tanti ragazzi. Padre Ezechiele è solo una delle tante figure di sacerdoti missionari martiri che hanno offerto la loro vita per quanti sono nell’indigenza. Il loro sacrificio rimane imperituro nella storia perché come affermava Tertulliano “il sangue dei martiri è il seme dei nuovi cristiani”.

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